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Legittimità dei controlli difensivi da parte del datore di lavoro: commento dell'ordinanza della Corte di Cassazione del 25 febbraio 2025, n. 4936

7 apr 2025

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4936 del 25 febbraio 2025, è tornata sul tema molto discusso precisando ulteriormente i limiti di legittimità dei controlli difensivi del datore di lavoro precisandone ulteriormente i limiti di legittimità con particolare riferimento all’uso di strumenti elettronici aziendali come tablet o smartphone, utilizzati dai dipendenti per l’esecuzione della prestazione lavorativa.

Secondo la Suprema Corte, tali controlli non violano l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori se il dispositivo non è utilizzato per un controllo a distanza, ma per verificare la veridicità dei dati forniti dal lavoratore, soprattutto in caso di contestazioni disciplinari. In questa prospettiva, il dispositivo aziendale assume il ruolo di un badge virtuale, e il lavoratore è responsabile della trasmissione delle corrette informazioni. 

Inoltre, la Cassazione ha ribadito che l’intervento di un’agenzia investigativa è lecito quando finalizzato ad accertare comportamenti illeciti o fraudolenti che possano arrecare danno al datore di lavoro, purché non sia volto a monitorare l’adempimento della prestazione lavorativa, in conformità con le tutele previste dagli articoli 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori.

Il caso esaminato riguardava un operaio licenziato per giusta causa nell’ottobre 2019, dopo che gli erano stati contestati diversi comportamenti scorretti, tra cui false attestazioni della presenza in servizio, dichiarazione di orari non corrispondenti agli effettivi interventi presso gli utenti, uso improprio dell’auto aziendale e soste in locali pubblici durante l’orario di lavoro con la divisa aziendale. 

Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento dinanzi al Tribunale di Napoli, sostenendo l’illegittimità del provvedimento per insussistenza dei fatti contestati, per la mancata affissione del codice disciplinare e per la violazione delle norme sui controlli del datore di lavoro, facendo inoltre riferimento a una clausola del CCNL applicabile che prevedeva una sanzione conservativa per condotte simili. Tuttavia, sia il Tribunale di Napoli che la Corte d’Appello avevano respinto il ricorso, infine rigettato anche dalla Suprema Corte di Cassazione che:

  1. ha affermato che il controllo sui dati inseriti dal lavoratore tramite tablet aziendale era legittimo, in quanto non si trattava di un controllo occulto, ma della verifica di informazioni volontariamente fornite dal dipendente stesso.
  2. ha confermato la legittimità dell’uso dell’agenzia investigativa per accertare condotte fraudolente, ribadendo che tali verifiche non possono riguardare l’ordinario svolgimento della prestazione lavorativa. Anche la questione della mancata affissione del codice disciplinare è stata ritenuta irrilevante, in quanto i comportamenti contestati erano di evidente gravità e lesivi degli obblighi contrattuali.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa, ribadendo l’importanza di un uso corretto degli strumenti aziendali da parte dei dipendenti e il diritto del datore di lavoro di tutelare i propri interessi economici e patrimoniali nel rispetto delle norme vigenti.

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