12 TP

Il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 2) c.c. per le associazioni professionali

14 gen 2025

Con la sentenza del 23 dicembre 2024, n. 34044, la Cassazione torna ad affrontare il tema del recupero dei compensi professionali non percepiti da parte di uno Studio associato dal punto di vista dell’insinuazione al passivo del fallimento con collocazione privilegiata ex art 2751 bis n.2) c.c.

L'istante richiedeva il riconoscimento del credito in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2) c.c. sostenendo che l'incarico era stato affidato ad un singolo professionista associato dello studio.

Il Giudice Delegato e poi il Tribunale, in sede di opposizione allo stato passivo respingevano la richiesta di collocazione al privilegio.

Lo Studio proponeva ricorso per Cassazione.

In sede di opposizione allo stato passivo il Tribunale aveva ribadito il consolidato orientamento secondo il quale la domanda d’insinuazione proposta da uno Studio associato fa presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionali, a meno che non dimostri che il credito sia riferito a una prestazione svolta personalmente in via esclusiva o prevalente dal professionista e sia di pertinenza dello stesso professionista, anche se risulti formalmente richiesto dall’associazione professionale.

Al riguardo la Suprema Corte ha precisato che rispettano tale condizione gli accordi interni tra gli associati che prevedono che il compenso dovuto dal cliente spetti, dedotti i costi comuni, solo al professionista che ha svolto la prestazione in suo favore o, quanto meno, che contemplino meccanismi per assicurare che, nella rendicontazione periodica, gli utili siano distribuiti in misura proporzionale al lavoro svolto da ciascuno degli associati, e che al contrario non la rispettano tutte le volte che gli accordi interni prevedano una diversa distribuzione degli utili, per esempio in misura fissa tra gli associati sulla base delle quote di partecipazione all’associazione stessa, in quanto in tal caso non si può ritenere che vadano a retribuire il lavoro svolto da ciascuno, perché almeno in parte retribuiscono anche chi non ha svolto attività.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva rilevato che l'incarico era stato affidato “impersonalmente” allo Studio associato nel suo complesso e non erano stati forniti elementi per dimostrare che il credito fosse di pertinenza del singolo professionista associato dello Studio.

La Cassazione condivide la decisione di merito e respinge il ricorso.

È bene evidenziare che il privilegio previsto dall'art. 2751 bis n. 2) c.c. trova esplicito fondamento nella Costituzione all’art. 35, il quale tutela il lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni”.

In sostanza, il privilegio in esame è riconosciuto nella misura in cui il credito costituisce il compenso del prestatore di lavoro autonomo così come l'art. 2751 bis n. 1) c.c. lo accorda alle retribuzioni, sotto qualsiasi forma, dei lavoratori subordinati.

Lo scopo è dunque, quello di collocare in via privilegiata i crediti derivanti da attività lavorative – subordinate o autonome che siano – giacché costituiscono il sostentamento del lavoratore.

Con specifico riferimento alle associazioni professionali, la Corte ribadisce che la domanda di insinuazione al passivo svolta dall'ente associativo lascia presumere l'insussistenza dei requisiti per il privilegio in esame.

È tuttavia consentita la prova contraria ad onere dell'istante.

Occorre infatti che l'associazione dimostri in giudizio: i) che il credito ha avuto origine da prestazione d'opera personalmente svolta in via esclusiva o prevalente da uno dei professionisti associati (eventualmente coadiuvato da collaboratori sotto la sua responsabilità); ii) che il diritto al compenso, anche se azionato in giudizio dall'associazione in virtù dello statuto della medesima, sia in tutto o in parte di pertinenza dello stesso professionista che ha svolto la prestazione.

Il privilegio sarà quindi riconosciuto nei limiti in cui l'importo costituisca effettiva retribuzione del professionista in questione.

Aggiunge la Suprema Corte che la connotazione personale della prestazione deve sussistere sin dal momento dell'instaurazione del rapporto professionale e deve persistere sino alla fine.

Di più, la scelta del singolo professionista – membro dell'associazione – deve essere effettuata dal cliente ab origine, devono pertanto sussistere tutti i crismi del cosiddetto intuitus personae.

Nella fattispecie in esame, come detto, l'associazione non aveva dimostrato che l'incarico era stato affidato al singolo professionista, né aveva chiarito le modalità con cui venivano ripartiti gli incassi tra i componenti dello studio.

La pretesa della ricorrente viene quindi respinta anche dalla Cassazione, la quale coglieva l'occasione per ribadire che: «ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 2) c.c., relativo ad insinuazione al passivo proposta non dal singolo professionista ma da uno studio associato di professionisti, è necessario che il requisito della personalità della prestazione sussista sin dal momento dell’incarico, così che le circostanze del suo conferimento e dunque la scelta del prestatore effettivo, in persona del singolo professionista, già ne rivelino il sicuro tratto dell’intuitus personae. Ne consegue che l’eventuale instaurazione del rapporto professionale, formalmente avvenuta in capo allo studio, non è ostativa al detto riconoscimento soltanto se risulti, da un lato, il previo coinvolgimento e la individuazione del professionista da parte del committente, dall’altro, sia lo svolgimento essenzialmente personale dell’incarico da parte del medesimo professionista sia l’inerenza del credito insinuato proprio alla prestazione per come richiesta e dunque la sostanziale e riconoscibile spettanza della relativa remunerazione a tale prestatore».

Scarica la circolare completa
Trova un ufficio
I nostri uffici